venerdì 19 Aprile 2024

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    Alla scoperta della fritta di vetro: una questione di chimica

    Il vetro presenta un ricco universo lessicale, che racchiude un sapere antico, ma in continua evoluzione, grazie allo sviluppo tecnologico di strumenti e prodotti.
    Cerchiamo oggi di attribuire un’immagine e un significato concreti al termine ‘fritta’. La fritta è una massa vetrosa costituita per fusione di sostanze quali silicati alcalini e alcalino-terrosi, borati, fluoruri e feldspati e utilizzata nella preparazione di vernici e smalti

    Un termine per diversi significati

    Il vocabolo ha in realtà più accezioni, che si possono sintetizzare attraverso le seguenti definizioni:

    • miscela di sostanze alcaline, di sabbia e altri ingredienti che serve per produrre lo smalto stannifero della maiolica. O il vetro polverizzato usato per la realizzazione degli smalti in genere.
    • Mescolanza di sostanze vetrose usata per fabbricare la porcellana di pasta tenera.
    • In archeologia, sostanza ricavata da materiali simili al vetro, usata nell’antico Egitto e in Medio Oriente per la fabbricazione di sigilli, amuleti e statuine.
    • Nell’arte del vetro, miscela formata da silice, calce e soda che, portata ad alta temperatura, si trasforma in una sostanza liquida e vischiosa, pronta per essere lavorata e soffiata nelle forme che si desiderano realizzare. 

    Gli ingredienti

    La formulazione della fritta determina le caratteristiche fisiche, chimiche e metalliche dello smalto. Il componente principale è la silice, che viene combinata con altre materie prime per essere fusa. In genere, si legano diversi tipi di minerali, i quali apportano ossidi con effetto opacizzante e colorante, con agenti in grado di aumentare le proprietà di adesione dello smalto. 
    Quest’ultimo viene reso opaco con ossidi di stagno o di titanio, fluoruro di sodio o fosfato di calcio. Per la colorazione si ricorre invece all’aggiunta di ossidi di cobalto per il blu, ossidi di manganese e cobalto per i violetti, ossidi di stagno per i bianchi e ossidi di ferro e uranio per i gialli. 

    Il procedimento

    La fritta si prepara fondendo le materie prime in forni fusori che lavorano a temperature di 1000-1450°C e raffreddando rapidamente (temprando) la massa fusa. Quest’ultima, per esempio, viene gettata nell’acqua oppure fatta passare tra cilindri d’acciaio raffreddati con acqua. L’operazione produce delle scaglie vitree dallo spessore prossimo al millimetro. La fritta, ridotta in scaglie, viene poi macinata in mulini a secco per ottenere polvere elettrostatica oppure sciolta in sospensione acquosa per ottenere smalto allo stato liquido. 

    Caratteristiche e vantaggi

    È fondamentale che la fritta presenti il giusto coefficiente di dilatazione e la capacità di aderire in modo permanente al metallo, oltre a garantire un rivestimento senza difetti anche con colori e finiture dagli effetti particolari. La composizione chimica della fritta deve essere appropriata anche alla temperatura di cottura dello smalto, che cambia in funzione della superficie metallica dell’oggetto da smaltare.

    Lo scopo principale di tale processo è quello di ottenere un vetro insolubile, caratterizzato da una distribuzione omogenea delle materie prime nella vernice o nello smalto. Il processo alla fritta consente inoltre di: 

    • trasformare sostanze velenose in forme meno nocive, 
    • distribuire in modo omogeneo il colore,
    • ridurre la perdita di sostanze volatili. 

    Fonti: smalteriecastellane.it, chimica-online.it, Dizionario del Vetro 

    Crediti immagine: effetremurano.com

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