Ci sono tecniche artigianali che trascendono i secoli e continuano a stupirci per il loro fascino, paragonabile a una forma d’arte. È questo il caso della pasta di vetro: un’antica pratica che si fonda sulla fusione di materiali vetrosi per la realizzazione di manufatti di alta qualità estetica.
Cerchiamo innanzitutto di comprendere cosa sia la pasta di vetro. Si tratta essenzialmente di un materiale con una composizione simile a quella del vetro, da cui si differenzia per due caratteristiche determinanti:
- il contenuto di silice molto più alto (circa 90-95% contro il 65-75% del vetro);
- la cottura a una temperatura più bassa (circa 800°C), che favorisce una fusione solo superficiale degli ingredienti.
Le origini della pasta di vetro
La tecnica della pasta di vetro risale agli albori della civiltà. Le prime testimonianze che ci sono pervenute sono databili al III millennio a.C. in Mesopotamia, e in Egitto almeno dal Medio Regno (2055-1790 a.C.).
Le paste vetrose venivano utilizzate come decorazioni per realizzare perle di vetro, placchette da intarsio o amuleti.
Vitrum: una parola, più significati
Tale pratica artigianale si diffuse in tutto il Mediterraneo, evolvendosi attraverso stili e tecniche differenti.
In epoca Romana, gli artigiani non distinguevano il concetto di vetro da quello di pasta di vetro, entrambi i materiali erano infatti descritti con il termine generico “vitrum”, seppur accompagnato da aggettivi più specifici.
A livello cronologico, la pasta vitrea ha sicuramente preceduto il vetro, il quale può essere considerato come un’importantissima evoluzione tecnica della materia in oggetto in questo contenuto.
Le applicazioni
La pasta di vetro si presta a una vasta gamma di applicazioni, da oggetti di uso quotidiano ad opere d’arte e di design. Lampade, gioielli, sculture e vasi sono tra i manufatti privilegiati dagli artigiani che lavorano questa materia. Ma non mancano gli impieghi in ambito industriale e architettonico. La pasta vitrea è infatti utilizzata, per scopi decorativi, nella realizzazione di piastrelle o tessere mosaicate per rivestimenti interni ed esterni e pavimentazioni.
La rinascita novecentesca
La pasta di vetro tornò ad essere degnamente valorizzata solo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, grazie all’Art Nouveau, movimento artistico che si diffuse in Europa e negli Stati Uniti a cavallo tra i due secoli, influenzando fortemente le arti applicate e l’architettura.
Punta di diamante di questa corrente in Francia fu la Scuola di Nancy, la quale mirò a creare “una sorta di unione degli industriali d’arte e degli artisti decoratori” per promuovere le arti decorative e renderle accessibili a un pubblico ampio.
La scuola di Nancy avviò dunque un’elegante ricerca ispirata alla natura e alle forme vegetali, attraverso l’impiego di diversi materiali, tra cui il ferro, l’acciaio, il legno, il vetro e la pasta di vetro.
L’inizio del Novecento si caratterizzò anche per una serie di sperimentazioni autonome: è il caso di Henry Cros, che creò una pasta di vetro pressofusa, vetrificata con la cottura. Ma anche dei vetrai e ceramisti François Décorchemont e Georges Despret, di Almaric Walter e di Gabriel Argy-Rousseau. Questi tentativi vennero però interrotti dalla Prima Guerra Mondiale e dalla crisi economica del 1929.
Ma Jacques Daum riuscì a rilanciare la pasta di vetro, insieme all’omonima cristalleria, mediante la collaborazione con artisti contemporanei dello spessore di Salvador Dalí e César. Daum analizzò l’antica ricetta e la perfezionò aggiungendo alla base di silice un 30% di piombo. Un escamotage che gli permise di ottenere una pasta di cristallo e un procedimento paragonabile a quello della cera persa.
E ancora oggi la pasta di vetro nutre la creatività di artisti e artigiani, abili nel combinare le tecniche tradizionali con approcci più moderni.
Fonte: wikipedia.org
Fonte immagine: Louvre Museum, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons