Vetri utilizzati nella realizzazione di dispositivi ottici.
Per realizzare vetri per ottica, è richiesta una procedura produttiva elaborata ed impegnativa, che ci farà capire quanto lavoro c’è dietro a delle semplici lenti di occhiali.
Il vetro per ottica deve avere alti valori di isotropia (isotropia significa che un corpo, in questo caso il vetro deve avere le stesse caratteristiche fisiche in ogni direzione) essere trasparente, omogeneo, in grado di sostenere lavorazioni a freddo.
Deve anche essere privo di difetti, anche i più invisibili come bolle o strie.
Le proprietà ottiche del vetro sono definite e determinate dall’indice di rifrazione e dalla variazione dello stesso indice in funzione della differente lunghezza d’onda dei raggi luminosi (dispersione).
Perché il vetro ottico abbia queste caratteristiche è importante la fase della miscelatura iniziale. Questa operazione di unione si svolge in forni a crogiolo in platino a 1000 °C, con ulteriori innalzamenti di temperatura secondo il tipo di vetro trattato (fino a 1800 °C).
Questa massa che si è realizzata resta a riposare e a raffreddare per settimane, talvolta anche mesi per evitare che avvenga la devertificazione.
Un altro termine tecnico che indica un cambiamento dello stato fisico della materia. In questo modo i prodotti che si formano sono cristallini e danno la diffrazione dei raggi X.
Il processo prevede una fase di ricottura lentissima, il vetro che si è ottenuto viene frantumato per poi essere sagomato in forme standard.
I vetri d’ottica sono classificati in base al numero di Abbe, secondo quanto segue:
- Crown, vetri con numero di Abbe superiore a 50.
- Tra questi abbiamo i crown-borosilicati, leggeri, limpidi e poco dispersivi, contenenti boro, e i crown-bario, le cui particolarità sono dovute all’aggiunta di bario alla loro composizione.
- Flint, vetri molto dispersivi, con alto indice di rifrazione, contengono percentuali di piombo e bario.