La scoperta avvenne nel 1675 dall’astronomo francese Jean Picard che notò una lieve luce alla sommità di un tubo di vetro, che formava l’estremità di un barometro a mercurio.
Una certa elettricità statica ionizzava le molecole di mercurio presenti nella cavità superiore.
Solo quando i fondamenti dell’energia elettrica furono scoperti, si poté dare una spiegazione al fenomeno e classificarlo come scarica in un gas ionizzato.
Da quel momento avrebbe preso il via la realizzazione di un tipo di lampade molto diffuse nel mondo della illuminazione: le lampade al neon.
L’ingegnere chimico francese Georges Claude (1870 – 1960), fu il primo ad applicare una scarica elettrica ad un tubo sigillato, riempito di un gas scoperto attorno al 1902.
Il gas Neon fu scoperto a Londra nel 1898 da William Ramsey e MW Travers.
Il termine neon deriva dal greco “Neos”, che significa “il nuovo gas”.
Georges Claude espose al pubblico la prima lampada al neon l’11 dicembre 1910, a Parigi.
In circa otto anni fu scoperto un metodo di estrazione del neon dall’aria molto economico che rese possibile la messa in commercio delle lampade su vasta scala.
E’ nel 1912 che fu realizzata e venduta la prima insegna ad un negozio di barbiere e nel 1913 l’insegna “CINZANO” – con lettere alte un metro ciascuna – fu posta in bella vista sugli Champs-Elysees: l’era del neon era cominciata.
Nel 1923, Georges Claude con la sua società “Claude Neon” si presenta sul mercato degli Stati Uniti con le prime insegne al neon.
Il primo cliente fu un concessionario di automobili Packard di Los Angeles. Anthony C. Earle che acquistò due insegne “Packard” per 24.000 Dollari.
Visibili anche alla luce del giorno, erano un autentico richiamo: la gente si fermava a fissarle incantata e vennero presto battezzate “fuoco liquido”. Da allora ebbe inizio la diffusione dell’insegna al neon come media per la pubblicità e continua tuttora il suo grande e svariato utilizzo
La lampada a catodo freddo, conosciuta generalmente come “neon”, è un sistema che comprende diversi componenti:
– tubo rigorosamente in vetro, può essere trasparente o colorato, quest’ultimo è prodotto a Murano-Venezia.
– gas nobili puri o miscelati
– polveri fluorescenti che convertono la luce UV (non visibile) in luce visibile
– elettrodi alle estremità di ogni tubo
– trasformatore: per convertire la tensione della “presa comune” in una tensione adatta al funzionamento della lampada
Il catodo freddo è una lampada artigianale, così chiamata perché durante il funzionamento non supera mai i 40°C, solo all’interno degli elettrodi il cilindro metallico può arrivare fino a 200°.
La lampada si può quindi toccare con mano senza scottarsi.
La vita della lampada è mediamente di 50’000 ore, ma con una esecuzione corretta ed un’installazione adeguata può essere nettamente superiore.
Il catodo caldo invece, tipico delle comuni lampade fluorescenti di produzione industriale, ha elettrodi che sopportano in corrispondenza del filamento di tungsteno una temperatura di 900°C, con una temperatura esterna molto alta, e di solito non supera le 15’000 ore di vita.
Fonte: fart-neon.com