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giovedì 21 Novembre 2024

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    10.500 miglia da Venezia all’Alaska

    Dieci antiche perle di vetro veneziane di color turchese e grandi come un mirtillo hanno viaggiato per circa 10.500 miglia dall’attuale Venezia all’Alaska nord-occidentale, attraverso l’Eurasia e lo stretto di Bering e sono sopravvissute per secoli nella tundra in tre luoghi del nord dell’Alaska.

    Le perle sono state riportate alla luce da Mike Kunz e Robin Mills, archeologi del Bureau of Land Management che ne hanno svelato il mistero in un articolo della rivista “American Antiquity”.

    Il luogo del ritrovamento, si trova in un’area solcata da antiche vie commerciali, frequentato da generazioni di Inuit come luogo stagionale di caccia al caribu’ e per la pesca alle trote.

    Gli archeologi hanno lavorato per anni in quei luoghi e negli anni ’50 e ’60 William Irving della University of Wisconsin scopri’ due perle turchesi, ciascuna con un foro al centro.
    Kunz e Mills hanno proseguito le ricerche ed hanno trovato altre perle vicino a due cerchi di rame (forse un paio di orecchini) e ad altri frammenti metallici che potevano essere parte di una collana o un braccialetto.
    Intrecciate a uno degli orecchini c’erano fibre vegetali che sono state datate con la tecnica del radiocarbonio che ha stabilito che la pianta era un vegetale vivo e diffuso nel Quattrocento.
    Gli archeologi si sono resi conto di trovarsi davanti a una storia epocale: perle di vetro sono state rinvenute spesso in altri siti archeologici in Nordamerica, mai però a ovest delle Montagne Rocciose e mai datate all’epoca pre-coloniale.

    Secondo i loro studi e ricerche le perle sarebbero approdate in Alaska tra 1440 e 1480, anni o decenni prima del viaggio di Colombo.

    E si suppone che  per arrivare nei territori selvaggi dell’Alaska sarebbero passate di mano in mano attraverso varie rotte commerciali. Viaggiando lungo la Via della Seta verso la Cina e la Siberia orientale: dove un mercante le avra’ probabilmente caricate su un kayak per approdare in Alaska dopo un viaggio di 80 chilometri in mare aperto attraverso lo stretto di Bering. 

    Questa  curiosa notizia è stata  presentata con uno studio pubblicato sulla rivista American Antiquity da Michael L. Kunz del Museo del Nord dell’Università dell’Alaska a Fairbanks e Robin O. Mills del Bureau of Land Management.

    Gli autori spiegano che Punyik Point era un punto di sosta su antiche rotte commerciali dal Mare di Bering all’Oceano Artico, molto florido per la pesca e la caccia e per queste ragioni anche molto frequentato.
    Inoltre, Venezia era una città importante nel commercio con l’Asia. Un numero crescente di prove dalla regione dello Stretto di Bering indica che il movimento di materiali non nativi dall’Asia nord-orientale all’Alaska nord-occidentale si è verificato attraverso rotte indefinite sin dal primo millennio d.C., se non di più.

    Questa varietà di perle veneziane, note come “Early Blue” e “Ichtucknee Plain”, sono state precedentemente scoperte anche nei Caraibi, nella costa orientale dell’America centrale e settentrionale e nella regione orientale dei Grandi Laghi, ma quelle perle risalivano a un periodo che andava circa tra 1550 e il 1750 d.C.

    I risultati hanno mostrato che “le perle dell’Alaska” sono fatte di vetro soda, tipico della manifattura veneziana del XV secolo e successivamente europea.

    Se la data della metà del XV secolo è corretta, le perle sarebbero i più antichi prodotti europei conosciuti portati nel Nuovo Mondo e la più antica documentazione di perline “disegnate”, un tipo di perline precedentemente datato al XVI secolo.
    Il primo esempio documentato della presenza di materiali europei in siti preistorici dell’emisfero occidentale come risultato del trasporto via terra attraverso il continente eurasiatico.

    Fonte: meglioinvetro.it  e ansa.it

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