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giovedì 26 Dicembre 2024

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    Lavorazione a lume o il privilegio di plasmare il vetro

    Secondo la promessa fatta in un precedente contenuto (In Vitro Humanitas: un’ode all’artigianato nel confronto tra secoli), ci occupiamo oggi di un’arte antica, che ha raggiunto una straordinaria eccellenza tecnico-costruttiva: la lavorazione del vetro a lume.
    Con questa tecnica si realizza una variegata tipologia di oggetti che non possono essere ottenuti mediante la soffiatura in fornace. Cerchiamo ora di capire perché.

    Lavorazione a lume: di cosa si tratta?

    Con l’espressione “vetro a lume” si intende un ramo della lavorazione del vetro, eseguita tramite un bruciatore, il cannello, in cui ossigeno e gas metano (e in alternativa propano) vengono miscelati per ottenere una corretta combustione. Ciò significa avere a disposizione una fiamma calda, attraverso cui fondere delle bacchette di vetro semilavorate. È da quelle stesse bacchette che la maestria dei vetrai genera oggetti di straordinario fascino.

    I soggetti: i fasti del XIX secolo e la curiosità del XX

    La lavorazione a lume rappresenta l’altro volto delle tecniche muranesi legate al vetro. Si tratta di un metodo di antichissima origine, che ha raggiunto il suo acme nel corso del XIX secolo. In particolare, ad assorbire la maggior percentuale della manodopera attiva in questa operazione era la produzione di perle. Proprio dalla soffiatura e decorazione delle perle derivavano infatti i piccoli capolavori di artigianato in voga nell’Ottocento, come le boccette porta profumo o porta sali, ma anche le più complesse murrine millefiori o figurate.

    I prodotti ottenuti mediante tale tecnica necessitano di una lunga lavorazione, contrariamente a quanto avviene per quelli prodotti nelle fornaci. Quella del vetro a lume è un’operazione solitaria che offre un rapporto privilegiato tra artigiano e materia vitrea, promosso dal potere del fuoco. E proprio a ragione del protagonismo dell’artista non esistono sostanzialmente limiti creativi. Tra i soggetti più complessi realizzati a lume figurano sicuramente i cosiddetti “zoo di vetro”, la cui produzione si è affermata nel corso del XX secolo per una funzione prevalentemente didattica.

    Vetro borosilicato o Murano?

    I due principali filoni della lavorazione a lume dipendono dalla tipologia di vetro impiegato: da un lato quello borosilicato, un materiale resistente e duro, che richiede maggiore calore per essere lavorato, dall’altro quello di Murano, un composto sodico-calcico più duttile e diffuso in tale tradizione. In entrambe le tipologie di vetro a lume, si prevede la realizzazione di oggetti attraverso lo sviluppo di corpi pieni o soffiati. 

    Le fasi della lavorazione

    Entriamo ora nel merito dell’operazione vera e propria. Il punto di partenza della lavorazione a lume è la sfera. Per ottenerla l’artigiano scalda la bacchetta. Quest’ultima può presentare tre differenti sfumature: trasparente, pastello e opalino, e garantisce perciò qualsiasi variante cromatica. La rotazione del polso, avanti e indietro, permette all’estremità della bacchetta di arrotondarsi fino a diventare una palla incandescente.

    A questo punto, la procedura varia a seconda dell’obiettivo finale, utilizzando specifici movimenti e strumenti per assumere la forma desiderata. Si può passare la sfera sul bronzin (la piastra piatta di metallo posta al di sopra del cannello) per conferire alla massa fusa un aspetto cilindrico o, ancora, premerla sulla stessa superficie secondo un’inclinazione maggiore per far emergere una punta.

    Gli attrezzi del mestiere

    Per facilitare la presa sulla sfera incandescente si usa una seconda bacchetta, generalmente più sottile, detta pontéo. Sono, in realtà, diversi gli strumenti impiegati dai maestri vetrai per ottenere, con maggiore facilità, prodotti dagli incredibili effetti cromatici. Innanzitutto la pinza, indispensabile per allungare la palla incandescente, facendole assumere le forme desiderate. Ma anche le forbici, il tagliante (una sorta di taglia sigari) e il coltello, utile per creare affossamenti e sottili cavità. Non va, infine, dimenticata la molletta, un utensile in ferro o acciaio impiegato per avere una presa salda sull’opera e contemporaneamente raffreddarla, grazie ad un tessuto in fibra di vetro.

    In estrema sintesi, quella del vetro a lume è una tecnica secolare, radicata nel segno di un’incredibile tradizione, la quale si reinventa, però, ogni volta che un artigiano lascia che la propria immaginazione plasmi la materia vitrea attraverso un patto, quasi divino, col fuoco. 

    Fonti: originalmuranoglass.com, stefanomorasso.it, museovetro.visitmuve.it

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