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giovedì 21 Novembre 2024

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    La storia del vetro raccontata dai pittori: tra modernità e Impressionismo

    Qualche settimana fa avevamo proposto una breve analisi sull’affascinante legame tra manufatti in vetro e dipinti, dall’epoca romana fino agli inizi dell’età moderna. Proseguiamo oggi in questa ricerca, provando a intercettare le suggestioni simboliche del vetro nelle arti figurative tra il XVII e la fine de XIX secolo.

    Un materiale iconico

    Il vetro non è solo un elemento di corredo nei dipinti, volto a suggerire il prestigio economico delle persone rappresentate o dei mecenati che hanno commissionato l’opera.
    È, infatti, un soggetto carico di valenze simboliche e magiche: un riflesso esoterico. Una caratteristica facilmente osservabile nelle Allegorie della vanità, nelle quali ricorre l’immagine della clessidra. Tale oggetto, dove al vetro si accosta il suo componente primigenio, la sabbia, richiama il motivo dell’Ubi sunt e della fugacità dell’esperienza terrena. 

    Nei ritratti, il vetro interagisce invece con i soggetti, contribuendo a rendere eterni dipinti di grande fascino. Si pensi a La ragazza con l’orecchino di vetro di Vermeer (impropriamente conosciuta come La ragazza con l’orecchino di perla) che continua, dopo secoli, ad ammaliare gli appassionati d’arte, grazie al suo sguardo enigmatico e al marcato gioco di luci e ombre, attraverso cui si staglia l’orecchino di vetro.    

    Verso la stagione impressionista

    Muovendoci verso l’Ottocento, nel vetro si specchiano non solo le riflessioni pittoriche degli artisti pre-impressionisti e impressionisti, ma anche le vicende personali dei soggetti ritratti. 
    L’essenza de Il Bar delle ​​Folies-Bergère è racchiusa tanto nell’espressione malinconica della barista in primo piano (incorniciata nella parte inferiore da una natura morta di vetri), quanto nei riflessi del grande specchio posto alle sue spalle. La strepitosa tranche de vie, dipinta da Manet nello specchio, riesce nella complessa impresa di “strappare alla vita moderna il suo lato epico”, come accuratamente suggerì il poeta Baudelaire.  

    Gli specchi di Degas

    E nei riflessi si gioca gran parte della pittura impressionista: si pensi ai dipinti di donne allo specchio di Morisot (Psyché) o Degas (Madame Jeantaud allo specchio), due pittori che mirarono a sovvertire l’idea classica della ritrattistica, proponendo soluzioni nuove e dinamiche, dettate da tagli visivi inediti e suggellate dalle possibilità offerte dagli specchi, in quanto simbolo della mutevolezza e dell’illusorietà del reale.

    E sono proprio gli specchi o le vetrate a fare da complemento ai leggiadri movimenti delle ballerine nei dipinti di Degas. Grazie a questo espediente, il pittore francese riesce ad ingannare la prospettiva e il punto di fuga, offrendoci un’inquadratura originale. Un esempio magistrale, in tal senso, è il celebre dipinto La lezione di danza, in cui lo scorcio offerto dallo specchio ci permette di distinguere il resto della sala da ballo, nonché la grande finestra da cui filtra la luce naturale e tramite cui riusciamo a intravedere i palazzi parigini e il cielo. 

    Il vetro come messaggio

    L’abilità di Degas nel raccontare la vita urbana e i suoi drammi è perfettamente riassunta ne L’assenzio. La scena è ambientata in uno dei luoghi prediletti dagli Impressionisti, il Café de la Nouvelle Athènes, dove due avventori (una prostituta pateticamente abbigliata e un volgare bohémien) siedono l’uno accanto all’altro, resi distanti dal loro personale malessere.

    Gli occhi persi nel vuoto dei due personaggi contribuiscono a comunicare quel senso di disperazione e degrado che è ulteriormente amplificato dallo specchio opaco su cui si riflettono le loro sagome.
    Diversamente dai riflessi del Bar delle ​​Folies-Bergère, quelli del Café de la Nouvelle Athènes, fievoli e confusi, comunicano un senso di claustrofobia e sembrano imprigionare i due clienti nella loro dipendenza dall’alcol.
    È infatti l’alcol l’unica compagnia di cui dispongono: un calice di vino nel caso del bohémien e un bicchiere d’assenzio, affiancato da una bottiglia desolatamente vuota, per la pallida ragazza. 

    Nella diagonale che unisce i tre contenitori in vetro si gioca una porzione dello schema prospettico del quadro, che ci porta ad indugiare sulle figure dei due avventori e a fraternizzare con le loro emozioni e la loro solitudine. 

    Fonte: I nuovi quaderni dell’antiquariato. I vetri, Fabbri Editore, Milano (1991), artesvelata.it, libreriamo.it, wikipedia.org

    Fonte immagine: Edgar Degas, Public domain, via Wikimedia Commons

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